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Lo Studio ha recentemente ottenuto una vittoria significativa in un procedimento cautelare dinanzi al Tribunale di Roma, in cui la questione principale riguardava la competenza giurisdizionale per decidere su una controversia relativa alla gestione di una società cooperativa in liquidazione. Il Tribunale ha riconosciuto la propria competenza, respingendo le eccezioni sollevate dalla controparte, e ha così consentito il proseguimento del procedimento presso la Sezione Specializzata in Materia di Impresa. 1. Competenza della Sezione Specializzata in Materia di Impresa Uno degli aspetti centrali del caso è stata la contestazione sulla competenza della Sezione Specializzata in Materia di Impresa del Tribunale di Roma, sollevata dalla difesa della controparte, che sosteneva che la controversia dovesse essere trattata dalla sezione fallimentare di un altro Tribunale. La difesa della cooperativa ha sostenuto invece che la competenza appartenesse alla Sezione Specializzata in Materia di Impresa, poiché la questione riguardava una controversia sulla responsabilità del commissario liquidatore e la gestione di una società cooperativa in liquidazione coatta amministrativa. Secondo la cooperativa, il commissario, similmente a un curatore fallimentare, è soggetto a un regime di responsabilità particolare che rientra nell'ambito delle controversie di impresa. Il Tribunale ha accolto questa tesi, stabilendo che la competenza tra le sezioni dello stesso ufficio giudiziario non si riferisce a una questione di giurisdizione in senso stretto, ma a una mera ripartizione degli affari all'interno dello stesso tribunale. Questo principio, consolidato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha confermato che il caso poteva essere correttamente trattato dalla Sezione Specializzata in Materia di Impresa, senza necessità di trasferimento alla sezione fallimentare. 2. La Giurisprudenza sulla Competenza delle Sezioni Specializzate Il Tribunale ha richiamato un orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui, quando la controversia coinvolge la gestione di una società, la responsabilità di amministratori o liquidatori e la tutela di creditori e patrimonio sociale, la Sezione Specializzata in Materia di Impresa è competente a decidere. In particolare, si è sottolineato che il rapporto tra la sezione ordinaria e quella specializzata non attiene alla competenza giurisdizionale, ma alla semplice distribuzione interna degli affari all'interno del Tribunale stesso. Questo principio è stato ulteriormente rafforzato da una recente pronuncia della Corte di Cassazione, che ha chiarito che le controversie in cui sono coinvolti atti di gestione delle società, anche in liquidazione, rientrano nelle attribuzioni della sezione specializzata quando riguardano la tutela dei diritti dei creditori e l’efficienza della gestione societaria. 3. Implicazioni della Decisione sulla Competenza La decisione del Tribunale di Roma di riconoscere la propria competenza ha avuto importanti conseguenze per il caso in esame. In primo luogo, ha consentito alla cooperativa di continuare il procedimento dinanzi alla sezione competente senza ulteriori rinvii, garantendo una maggiore efficienza e rapidità nella risoluzione della controversia. In secondo luogo, ha confermato l'importanza delle Sezioni Specializzate in Materia di Impresa come forum adeguato per trattare le responsabilità legate alla gestione di società e cooperative in difficoltà. Conclusioni La conferma della competenza della Sezione Specializzata in Materia di Impresa da parte del Tribunale di Roma rappresenta un'importante affermazione giuridica nel contesto delle controversie societarie. Questa decisione permette alle società, cooperative e creditori di contare su un foro specializzato per risolvere questioni legate alla gestione di imprese, garantendo un alto livello di competenza tecnica nella trattazione dei casi più complessi.

Lo studio legale ha recentemente ottenuto una significativa vittoria presso il Tribunale di Roma, Sezione Specializzata Imprese, che ha autorizzato il sequestro conservativo dei beni di un ex liquidatore, a tutela di una cooperativa edilizia in scioglimento d'ufficio. Questo caso non solo ha riconosciuto la validità delle richieste avanzate dalla cooperativa, ma ha anche affrontato importanti questioni giuridiche che meritano di essere evidenziate. 1. Difesa della Competenza della Sezione Specializzata Imprese: Uno dei principali ostacoli superati dallo studio è stato dimostrare la competenza della Sezione Specializzata Imprese del Tribunale di Roma. Nella prima fase del procedimento, il Tribunale aveva erroneamente dichiarato la competenza del Tribunale Fallimentare di Velletri. Tuttavia, grazie alla solida strategia legale adottata dallo studio, è stato dimostrato che l’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore rientrava nella competenza della Sezione Imprese, in quanto la causa verteva su responsabilità degli organi amministrativi e di controllo, come stabilito dal D.Lgs. 168/03. Questo successo ha rafforzato l'applicabilità del principio secondo cui le azioni di responsabilità nei confronti di amministratori e liquidatori sono di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, un'importante vittoria giuridica che ha permesso di portare avanti il procedimento nella sede appropriata. 2. Azione di Responsabilità Contrattuale: Lo studio ha inoltre ottenuto il riconoscimento della natura contrattuale della responsabilità del liquidatore. Questo è un aspetto cruciale, poiché implica che il liquidatore risponde delle sue azioni non solo per negligenza o dolo, ma anche per il semplice mancato adempimento degli obblighi legali e contrattuali legati al suo ruolo. Nel corso del procedimento, lo studio ha saputo dimostrare in modo dettagliato come il liquidatore avesse omesso di adempiere agli obblighi fondamentali, causando un danno significativo alla cooperativa. Le violazioni includevano prelievi ingiustificati, omissioni nella rendicontazione e mancata gestione di rapporti fiscali, tutti punti che sono stati presentati con precisione e rigore legale, dimostrando l'efficacia della difesa. 3. Sequestro Conservativo: Uno degli aspetti più delicati del caso è stato l'ottenimento del sequestro conservativo. Lo studio ha saputo dimostrare la coesistenza dei due presupposti fondamentali richiesti per tale misura: il fumus boni iuris e il periculum in mora. Il risultato ottenuto conferma l'abilità e la competenza del nostro studio legale nel gestire controversie complesse e delicate, soprattutto quando si tratta di azioni di responsabilità e misure cautelari come il sequestro conservativo. Grazie a un'approfondita conoscenza della normativa e a una strategia difensiva ben pianificata, siamo riusciti a ottenere una decisione favorevole che non solo protegge i diritti della nostra cliente, ma contribuisce anche a rafforzare la fiducia nel sistema giudiziario come strumento di tutela preventiva.

Lo studio legale ha recentemente ottenuto una rilevante vittoria presso il Tribunale di Palermo, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, in un complesso contenzioso riguardante l’azione di responsabilità ex art. 2392 c.c. nei confronti degli ex amministratori di una società. Il caso ha portato alla luce diverse questioni giuridiche di grande interesse in ambito societario e di governance. 1. Azione di Responsabilità degli Amministratori (art. 2392 c.c.) L'azione promossa dalla società si fondava sull'art. 2392 c.c., che regola la responsabilità degli amministratori per inadempimento degli obblighi legali e statutari relativi alla gestione societaria. In questo caso, gli amministratori sono stati accusati di aver violato il loro dovere di diligenza e di aver omesso di gestire correttamente il patrimonio della società, causando perdite significative. Dovere di diligenza e obbligo di conservazione del patrimonio sociale: L'art. 2392 c.c. impone agli amministratori di agire con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle specifiche competenze di ciascun amministratore. In questo caso, il Tribunale ha rilevato che gli amministratori non avevano adottato le misure necessarie per conservare il patrimonio della società, permettendo il verificarsi di situazioni dannose per la stessa. Inadempimento degli obblighi gestionali: Le condotte degli amministratori, tra cui l'indebito utilizzo di carte di credito aziendali per spese personali e la stipula di contratti svantaggiosi, sono state valutate come palesi violazioni del dovere di diligenza. Queste condotte hanno causato un pregiudizio al patrimonio societario, rendendo giustificata l’azione di responsabilità. 2. Carenza di Giurisdizione (Eccezione Rigettata) Una delle difese sollevate dagli amministratori convenuti riguardava una presunta carenza di giurisdizione del giudice ordinario in favore della Corte dei Conti. Gli amministratori sostenevano che, essendo la società una "società in house", il danno cagionato avrebbe dovuto essere qualificato come danno erariale, quindi di competenza del giudice contabile. Differenziazione tra società "in house" e società private: Il Tribunale ha respinto questa eccezione, sottolineando che la società in questione, pur essendo interamente partecipata da un ente pubblico, non poteva essere qualificata come società "in house". Tale status richiede che l’ente pubblico eserciti un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, oltre alla totale esclusione di relazioni economiche con terzi. Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato che, nonostante l’ente pubblico fosse socio unico, mancava il controllo analogo necessario a configurare la giurisdizione contabile. Questo ha confermato la competenza del giudice ordinario. 3. Indebito Utilizzo delle Risorse Aziendali e Abuso di Potere Il Tribunale ha affrontato in dettaglio la questione dell’indebito utilizzo delle risorse aziendali da parte di uno degli amministratori, che avrebbe utilizzato fondi della società per scopi personali, attraverso l’uso di carte di credito aziendali. Responsabilità individuale del singolo amministratore: Il Tribunale ha accertato che un ex amministratore aveva utilizzato fondi della società per un ammontare complessivo superiore ai 290.000 euro per spese personali non giustificate. Questo comportamento è stato considerato una chiara violazione degli obblighi di gestione fiduciaria, con conseguente condanna per responsabilità individuale. Onere della prova: In linea con la giurisprudenza, l'onere della prova circa la correttezza delle operazioni aziendali gravava sull'amministratore. Quest'ultimo non è riuscito a dimostrare che tali operazioni fossero legittime o connesse alla gestione della società. Pertanto, il Tribunale ha ritenuto fondata l’accusa di distrazione di fondi. 4. Gestione delle Convenzioni con Enti Pubblici Un altro aspetto cruciale del caso riguardava la gestione delle convenzioni tra la società e gli enti pubblici, attraverso cui la società erogava i propri servizi. In particolare, si è discusso della discrepanza tra i costi sostenuti dalla società e i corrispettivi concordati nelle convenzioni. Violazione dei doveri di corretta amministrazione: Gli amministratori avrebbero approvato bilanci in cui i costi effettivi della società superavano i corrispettivi pattuiti nelle convenzioni. Il Tribunale ha ritenuto che questa gestione inefficace delle convenzioni, unita alla mancata adozione di misure correttive, costituiva una violazione degli obblighi di diligenza imposti agli amministratori. Conflitto di interessi: Inoltre, è emerso un potenziale conflitto di interessi, poiché uno degli amministratori ricopriva contemporaneamente un ruolo chiave nell'ente pubblico che stipulava le convenzioni con la società. Questo conflitto ha aggravato la responsabilità dell’amministratore, soprattutto per non aver adottato misure per mitigare l’impatto economico negativo delle convenzioni stesse. 5. La Non Sindacabilità del Merito delle Scelte Gestionali Un tema affrontato nel corso del procedimento è stato il principio della "business judgment rule", secondo cui il giudice non può sindacare il merito delle scelte gestionali degli amministratori, ma deve limitarsi a valutare se tali scelte siano state adottate con diligenza e nell’interesse della società. Il limite della discrezionalità gestionale: Il Tribunale ha richiamato la giurisprudenza secondo cui, sebbene gli amministratori godano di ampia discrezionalità nelle scelte gestionali, tali scelte devono comunque rispettare i criteri di diligenza e le norme che regolano la gestione societaria. Nel caso in esame, il Tribunale ha stabilito che le decisioni prese dagli amministratori avevano superato i limiti della discrezionalità gestionale, configurando violazioni tali da giustificare l'azione di responsabilità. La sentenza rappresenta una tappa importante per l'applicazione rigorosa dell’art. 2392 c.c., confermando che gli amministratori devono sempre agire nel rispetto dei doveri di diligenza e nell’interesse della società. Lo studio legale ha saputo difendere con successo gli interessi della società, dimostrando in modo convincente come le violazioni degli amministratori abbiano comportato danni rilevanti al patrimonio sociale.

Lo Studio ha recentemente ottenuto una significativa vittoria legale presso il Tribunale di Roma, Sezione Specializzata in Materia di Imprese, in un complesso contenzioso relativo all'opposizione a un decreto ingiuntivo e alla richiesta di risoluzione e simulazione di un contratto di cessione di quote societarie. Il caso ha affrontato numerose questioni giuridiche rilevanti che meritano di essere esaminate più a fondo. 1. Opposizione al Decreto Ingiuntivo e Verificazione delle Sottoscrizioni La vicenda ha preso avvio con un decreto ingiuntivo emesso a favore di un creditore per il pagamento di due assegni non coperti. Gli opponenti hanno contestato la validità degli assegni, sostenendo che le sottoscrizioni sugli stessi fossero apocrife. In particolare, uno degli opponenti ha negato di aver firmato gli assegni a titolo di avallante, mentre l'altro ha contestato di averli sottoscritti come rappresentante legale della società e come avallante. A fronte di tali contestazioni, il Tribunale ha disposto una CTU grafologica per verificare l’autenticità delle firme. All'esito della consulenza, è stato accertato che le firme di uno degli opponenti erano apocrife, mentre quelle dell'altro erano autentiche, confermando così la responsabilità di quest'ultimo in relazione al pagamento degli assegni. Questa questione ha evidenziato l'importanza della verificazione delle sottoscrizioni in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, dove la prova dell’autenticità delle firme è cruciale per determinare la validità degli obblighi derivanti dai titoli di credito. 2. Azione Cartolare e Azione Causale Un altro aspetto centrale della controversia è stata la distinzione tra azione cartolare e azione causale. Il decreto ingiuntivo era stato emesso sulla base di un’azione cartolare, fondata sull’emissione degli assegni da parte degli opponenti. Il Tribunale ha ricordato che l'azione cartolare permette al creditore di agire per il pagamento del debito in base all'assegno stesso, senza dover dimostrare l'esistenza di un rapporto sottostante. Tuttavia, in caso di prescrizione dell'azione cartolare, il creditore può comunque agire in via causale, facendo valere il rapporto sottostante all'emissione degli assegni. In questo caso, il creditore ha agito correttamente con l'azione cartolare, ma il Tribunale ha chiarito che, nel caso di eventuale prescrizione, sarebbe stato possibile ricorrere all'azione causale per ottenere il pagamento del debito. 3. Simulazione del Contratto di Cessione di Quote e Carenza di Legittimazione Gli opponenti hanno proposto una domanda riconvenzionale volta a ottenere la simulazione e la risoluzione di un contratto di cessione di quote societarie, sostenendo che il contratto fosse privo di efficacia in quanto viziato da una condotta fraudolenta delle controparti. Tuttavia, il Tribunale ha rigettato tale domanda, affermando che gli opponenti non avevano legittimazione attiva per agire, poiché non erano parte del contratto di cessione. Questo aspetto ha sollevato una questione fondamentale di legittimazione attiva nelle azioni di risoluzione contrattuale. Il Tribunale ha sottolineato che solo le parti del contratto possono agire per la sua risoluzione o dichiararne la simulazione, a meno che non siano dimostrate circostanze particolari, come l’interesse giuridico di terzi coinvolti. In assenza di tali presupposti, la domanda riconvenzionale è stata dichiarata inammissibile. 4. Lite Temeraria e Art. 96 c.p.c. Un ulteriore elemento di rilievo è stata la richiesta di condanna per lite temeraria ai sensi dell'art. 96 c.p.c., avanzata dagli opponenti contro il creditore. Essi sostenevano che il creditore avesse agito in malafede, nascondendo informazioni rilevanti e agendo senza la necessaria diligenza. Tuttavia, il Tribunale ha respinto tale richiesta, non ravvisando gli estremi per configurare una responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., poiché il creditore aveva esercitato il proprio diritto in modo legittimo e senza comportamenti pregiudizievoli. La sentenza del Tribunale di Roma rappresenta un caso emblematico di contenzioso complesso, dove si intrecciano questioni di diritto societario, titoli di credito e legittimazione contrattuale. Lo Studio ha saputo difendere con successo il proprio cliente, dimostrando la correttezza delle proprie argomentazioni sia in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, sia in relazione alle contestazioni sulla simulazione contrattuale rafforzando il nostro ruolo di partner di fiducia per la gestione di controversie complesse in ambito civile e societario.